Con echi di musica surf e sixties di “Hodad”, i Bluedaze ci preparano al nuovo disco. “Ci raccontiamo in un modo e poi siamo in un altro. Sogniamo l’oceano ma viviamo al lago e, in fondo, ci va bene così”.

Com’è nata la vostra ultima produzione? C’è stata un’ispirazione particolare, e se sì quale?
Hodad è il nostro primo singolo e fa parte di Skysurfers, l’album che uscirà dopo l’estate. Hodad è quello che sta in spiaggia con i surfisti, che si veste e si comporta come loro, ma che non fa surf. Anche noi siamo Hodad. Lo siamo un po’ tutti, forse. Ci raccontiamo in un modo e poi siamo in un altro. Sogniamo l’oceano ma viviamo al lago e, in fondo, ci va bene così. Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo brano (come per tutti gli altri di Skysurfers) avevamo in mente mood, più che un genere musicale. Volevamo evocare un’atmosfera sognante, dal sapore un po’ vintage, che tenesse insieme il sole della California e la bella malinconia dei nostri laghi, pieni di nuvole.

Quali sono le vostre principali influenze?
Ascoltiamo tutti e quattro un quantitativo mostruoso di musica. Letteralmente. E di generi diversissimi oltretutto. Durante la lavorazione di questo album abbiamo ascoltato molto Lana Del Rey, gli Air, Mark Lanegan, Curtis Harding, Big Thief, ma anche Angus and Julia Stone, James Brown, King Gizzard and The Lizard Wizard, Tame Impala, Khruangbin…

Come nascono i vostri brani?
Di solito Elisa o Francesco scrivono qualcosa a casa, una linea vocale, una bozza di arrangiamento. Poi ci incontriamo in sala prove e ci lavoriamo tutti insieme. A volte stravolgiamo tutto, a volte no. A volte rifacciamo il brano 100 volte e poi ci piace comunque di più la prima versione. Succede!

Cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un profilo Instagram con tanti follower e un buon disco?
Il punto di partenza è un buon disco. Sempre. Poi, chiaramente, un buon disco chiuso in un cassetto serve a poco. Quindi quello che conta di più è un buon disco, da far sentire ai fan e ai follower giusti.

Un aspetto positivo e uno negativo del fare musica?
Domanda difficile. Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi di respirare?

Come pensate incida far parte del mondo musicale sulle relazioni personali?
La maggior parte delle persone con cui ci relazioniamo si occupano di musica o di altri ambiti artistici. Quindi possiamo dire che per noi il mondo musicale incide positivamente sulle relazioni personali, altrimenti non avremmo amici! Scherzi a parte, la musica è un ottimo strumento di relazione, avere lei in comune, permette di saltare la fase “conversazioni rompighiaccio di circostanza” ed entrare subito in relazione a un livello più profondo.

Cosa pensate dei messaggi politici all’interno delle canzoni? Credete che un artista debba schierarsi politicamente?
“Dovere” no. Un artista “non deve per forza” schierarsi politicamente. Crediamo però che la musica, come un po’ tutte le forme d’arte, sia lo specchio della società in cui viene prodotta. Perché racconta il mondo contemporaneo, riflettendo sulle storie e sulle emozioni delle persone che lo abitano o sui problemi che lo affliggono. Per cui, forse, ogni canzone contiene già un messaggio politico, se per politico non intendiamo “partitico” ma etico ed umano.

Un artista (vivo o morto) con cui fareste un featuring?
L’indimenticato Lou Bega.

Quando vi siete ubriacati l’ultima volta?
Insieme, sicuramente almeno più di un mese fa.

Roulette russa / Domande da pistola alla tempia, da rispondere senza tergiversare:
Beatles o Rolling Stones? Beatles
Venditti o De Gregori? De Gregori
Pasta o pizza? Pasta
Birra o vino? Birra
Chitarra o pianoforte? Chitarra
Arrivederci o addio? Addio
È più Umberto Tozzi il Rod Stewart italiano o è più Rod Stewart l’Umberto Tozzi scozzese? Sì.

Stiamo vivendo giorni molto complicati a causa dell’emergenza Coronavirus. Come vi sentite nell’affrontare questo momento e quanto sta incidendo sui progetti futuri?
Per prima cosa è giusto dire che siamo fortunati, perché questa emergenza la possiamo affrontare da casa e non da una corsia d’ospedale. La cosa che ci manca di più è sicuramente spendere del tempo insieme, in sala prove principalmente, ma non solo. L’emergenza è arrivata per noi – come per molti altri – in un momento delicato. Un singolo in uscita, un disco da promuovere, diversi concerti saltati e molta preoccupazione rispetto a quando (e se) si potrà effettivamente riprendere da dove abbiamo lasciato. Non resta che aspettare e scrivere nuove canzoni.

A proposito: progetti per il futuro?
Vorremmo poter registrare del nuovo materiale al più presto. Anche indossando delle mascherine, se necessario.

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