“Ormai credo di avere capito che registrare un disco per me significa innanzitutto cercare di capire a che punto sono arrivato” dice Mai Stato Altrove, al secolo Gabriele Blandamura. Siamo tornati su “Ragazzi stupendi”, l’ultimo disco i cui brani sono percorsi da frammenti personalissimi della vita di Gabriele, accompagnati dalle contraddizioni e dalle difficoltà di avere trent’anni oggi

Com’è nata la tua ultima produzione? C’è stata un’ispirazione particolare, e se sì quale?
Le canzoni sono nate in momenti diversi e con sentimenti diversi. La folgorazione però c’è stata durante le registrazioni, nel momento in cui con Fabio Grande e Pietro Paroletti (produttori di Ragazzi Stupendi) è uscita fuori l’idea degli arpeggi di pianoforte che accompagnano I Dischi. Lì abbiamo visto la luce, abbiamo subito registrato i cori e abbiamo capito che questa specie di elemento gospel pop doveva essere il collante di tutto l’album.

Quali sono le tue principali influenze?
Lavorando in una radio ascolto una quantità di musica abbastanza notevole e varia per cui è difficile stringere il campo. Per altro le influenze per me arrivano da generi spesso abbastanza lontani dal mio: penso a Beyoncé, a Frank Ocean, ma anche ai Gorillaz o a Rosalía. Diciamo che le influenze riguardano più i suoni, l’arrangiamento e la sensibilità di fondo che il songwriting puro.

Come nascono i tuoi brani?
Scrivo innanzitutto per conoscermi un po’ meglio, per provare a analizzare le cose in cui credo, le cose che mi spaventano e anche le cose che non mi piacciono di me. Poi sicuramente nelle canzoni finisce inevitabilmente anche una visione delle cose che mi circondano, ma ecco anche i miei pezzi meno personali nascono innanzitutto dal dialogo con me stesso.

Cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un buon disco?
C’è davvero qualcuno che vi ha mai risposto che conta di più una pagina con tanti like? Io trovo abbastanza spaventoso che la musica si trasformi in una richiesta continua/costante di attenzione: cioè già scrivere significa evidentemente chiedere l’attenzione degli altri (“sto parlando, per piacere stai zitto e ascoltami”), se poi ci aggiungiamo la pratica di riaccendere questo tipo di fiammella ogni giorno o più volte al giorno con post e stories credo sinceramente che rischiamo di rincoglionirci. In questo momento storico pare quasi sia molto difficile fare musica e stare fuori dai social, ma per lo meno possiamo usarli dandogli un peso che non sia eccessivo o addirittura prevaricante.

Un aspetto positivo ed uno negativo del fare musica?
L’aspetto positivo è sicuramente legato alla possibilità di trovare un modo di esprimere se stessi: è una fortuna enorme, è una via di fuga, una valvola di sfogo e una possibilità che arricchisce davvero la vita di chi la trova, a prescindere dal successo o dal riscontro. Per me l’aspetto negativo è legato innanzitutto ad una sorta di senso di colpa atavico: sono la classica persona cresciuta in ambienti tutt’altro che musicali e mi porto un po’ sul groppone l’idea che forse avrei fatto meglio a fare l’avvocato. Poi di negativo ci sono la frustrazione, l’ansia da prestazione, la difficoltà di capire davvero quali risultati vuoi ottenere, la difficoltà ad essere un certo tipo di persona nel week end quando suoni e magari un tipo di persona totalmente diverso quando torni nella tua città, devi lavorare e lavarti le mutande. Chiudo con un altro aspetto positivo che sennò poi suonare sembra una condanna: alla fine, ogni volta che una persona mi fa presente in maniera spontanea e sentita che una mia canzone si è in qualche modo incastrata nella sua vita, mi sembra di avere combinato qualcosa di grande e bello.

Credi che un artista debba schierarsi politicamente? Approvi la politica nella musica?
Credo che ogni artista, così come ogni essere umano, debba fare quello che si sente. Approvo la politica nella musica, così come approvo l’ironia nella musica (per citare una cosa che, onestamente, non credo vorrei/saprei mai fare). È quasi banale sottolinearlo, ma ecco la libertà di espressione è tutta qui ci mancherebbe che qualcuno sentenziasse su come una persona ancor prima che un artista deve vivere il suo rapporto con la politica.

Come pensi incida l’esser attori nel mondo musicale nel campo delle relazioni personali?
È una buona domanda, la risposta è molto complicata e se ci pensi non riguarda nemmeno i soli attori del mondo musicale. Anche per un semplice ascoltatore probabilmente frequentare determinati eventi, magari con continuità, significa modificare il proprio modo di intendere le relazioni personali. Mi spiego: non sei più solo Carlo, Massimo o Flavia, ma sei anche quel ragazzo/a che frequenta determinati ambienti, magari ne parla sui social, magari conosce qualche musicista ecc. Da questo punto di vista è un discorso non troppo diverso credo dalla frequentazione di uno stadio o di una palestra. La musica probabilmente diventa un microcosmo in cui c’è questo collante comune che è la passione: chiaramente stravolge un po’ i rapporti tra le persone ma non credo sia una cosa che si può condannare a priori. Sta a me musicista o a me ascoltatore sapermi dare una regolata e non cambiare radicalmente dietro questo tipo di maschera. Io per altro lavoro anche in una radio quindi figurati, so che se conosco una persona ad un nostro evento o a un concerto esiste la possibilità che io venga conosciuto non come “Gabriele” punto e basta ma come il ragazzo che lavora nella radio, che ha l’etichetta o che fa musica. Per altro è anche vero che parliamo comunque di quello che sono: probabilmente le relazioni personali verrebbero influenzate anche se fossi un avvocato e frequentassi un tipo di ambiente totalmente diverso. Questo ovviamente per restringere il campo alle relazioni personali in carne ed ossa, di quelle social non ne parliamo che sennò facciamo notte.

Un artista (vivo o morto) con cui faresti un featuring?
Facciamo solo i vivi che sennò diventa un elenco nel telefono e facciamo che ne dico uno quasi impossibile e uno tutto sommato plausibile: Frank Ocean e Dargen D’Amico.

Quando ti sei ubriacato l’ultima volta?
In realtà bevo molto poco e poco spesso, ma l’ultima volta che mi sono ubriacato è abbastanza recente, alla festa per i tre anni della radio per cui lavoro.

Domande da pistola alla tempia, da rispondere senza tergiversare:
Beatles o Rolling Stones? Beatles senza ombra di dubbio
Venditti o De Gregori? Domanda tremenda da fare a un romano. De Gregori perché ogni tanto è arrivato nell’iperuranio
Pasta o pizza? La pizza bianca per me è una ragione di vita
Birra o vino? Birra perché mi piacciono anche le lattine del discount, sui vini sono molto più snob
Chitarra o pianoforte? Chitarra primo amore che non si scorda mai
Arrivederci o addio? Arrivederci, finché è possibile
È più Umberto Tozzi il Rod Stewart italiano o è più Rod Stewart l’Umberto Tozzi scozzese? Credo di conoscere massimo tre canzoni di entrambi, inoltre credo che Rod Stewart non sia scozzese

Progetti per il futuro?
Sul breve periodo: suonare il più possibile, forse incidere la cover della vita. Sul lungo: presto o tardi il Festival di Sanremo.

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