Dietro il nome Pentothal si celano Giuseppe Parlavecchio e Enrico Piraino, musicisti palermitani che si sono incontrati nel 2018 per dare vita a questo duo il cui sound è una commistione di pop, hip hop, indie e musica elettronica, tutto però fortemente radicato nella tradizione italiana.
Se doveste riassumere la vostra ultima produzione in 3 parole quali sarebbero e perché?
Sincera, necessaria e liberatoria.
Abbiamo scelto 3 aggettivi significativi, dovrebbero rendere bene l’idea di quello che la musica rappresenti per noi. È un linguaggio per noi fondamentale per trovare un dialogo con ciò che ci circonda. Hiroshima, la nostra ultima produzione è parte di un percorso, di un dialogo che speriamo continui.
Cosa vi emoziona quando assistete a un live da spettatori?
Quello che cerchiamo da spettatori sono sicuramente concerti che sappiano stupire per contenuto ma anche per esecuzione. Ci piace l’idea di poter andare oltre il concetto di band nella musica leggera; ci piace l’elettronica ,anche sperimentale, nel pop. Poi a parte quello che amiamo c’è la realtà che a volte di regala emozioni incredibili anche quando non te lo aspetti, sarà banale ma l’emozione non può essere confinata in un genere o in un tipo particolare di spettacolo. Il bello è essere stupiti.
Quale strumento o suono rappresenta maggiormente la vostra personalità?
Come avrete sentito ascoltando qualche nostro pezzo ai sintetizzatori è affidata gran parte della personalità del nostro suono. Quindi per quanto siamo cresciuti entrambi sugli strumenti a corda oggi il nostro cuore è molto più sensibile ad un bel synth analog.
Disco o singolo, cosa ha più senso fare oggi?
Il mercato della musica dice singolo sia per moda e facilità di fruizione che per una questione tristemente legata al budget, un pezzo costa meno di dieci. La nostra opinione personale poi, prescindendo dalle economie, tenderebbe al disco o ad un EP; durante un disco c’è più tempo per capire il linguaggio di un artista e da parte dell’artista c’è più tempo per instaurare con il pubblico un legame personale , linguistico ed emotivo con i propri ascoltatori.
Ha più importanza suonare dal vivo o essere presenti con costanza sui social?
Secondo noi assolutamente live! Per quanto sia oggi importante e necessario il mondo social per far sapere al mondo intanto che esisti e poi quello che fai noi siamo musicisti non blogger o influencer! Un artista può usare i social come fantastico mezzo per raggiungere il suo pubblico. Però a nostro avviso un artista o band che si rispetti deve soprattutto essere capace di tenere il palco ed emozionare durante una performance dal vivo.
Qual è il ricordo più bello che conservate legato alla musica?
Per noi l’esperienza più bella con la musica è e continuerà ad essere riuscire a portare in giro per l’Italia il nostro live, suonare in città nuove, per conoscere nuove esperienze, nuovi sorrisi, locali pieni , nuovi chilometri di autostrada, nuove tristezze, locali vuoti , nuovi accenti per così tornare in studio modificati , arricchiti da tutto questo.
E quello peggiore?
L’esperienza peggiore su un palco è stata fuori dal palco. Dopo un contest qui in Sicilia, in seguito ad una discussione con i membri della giuria, siamo stati vittime di minacce espresse in quella tipica forma dialettale, e di leggero stampo mafioso, che ci hanno ricordato tutto ciò che c’è di marcio in quest’isola. La cosa peggiore è che le minacce provenivano da un altro musicista.
Cosa vi ha spinto a fare musica?
Facciamo entrambi musica da quando siamo ragazzini, all’inizio forse era una necessità di fuga poi la fuga si è trasformata in viaggio acquisendo sempre più sfumature nuove.
3 brani che non possono mancare nella vostra playlist?
Talking Heads – Naive Melody
Cccp – Annarella
Iosonouncane – Stormi