Se dovessi riassumere la tua ultima produzione in tre parole quali sarebbero e perché?

In tre parole Fortunella è: precariato, dialetto romano e suicidio. Perché è la storia di una mamma che affronta, da sola, il precariato italiano fino a quando, dopo l’ennesimo ritardo dello stipendio e l’ennesimo licenziamento decide di togliersi la vita, lasciando due bambini senza una figura materna. E’ un fatto di cronaca romana. E’ una realtà che merita di essere raccontata, ed io l’ho fatto con il dialetto romano, perché è la mia espressività.

Cosa cerchi in un live da spettatrice?

Da spettatrice, in un live cerco l’emozione dell’artista che si sta esibendo. Non importa il genere musicale, devo poter sentire l’anima dell’artista. Se riesco a percepire quello, l’emozione vien da sé.

Qual è lo strumento o il suono che più di ogni altro incarna la tua perosnalità?

Io suono il pianoforte da quando sono molto piccola. E’ sempre stato il suono e lo strumento che mi ha “trafitto” il cuore quando a malapena parlavo. Con gli anni, però, ho scoperto che la mia personalità è data soprattutto dalla voce. Quello è il mio strumento e il mio suono.

Disco o singolo, cosa ha più senso fare oggi?

Oggi potrei dirti “Singolo” per le vendite. Ma un “Disco” è tutta un’altra storia. E’ la rappresentazione dell’artista. Un singolo non può darti a pieno l’espressività artistica di chi fa musica.

“Ho sempre vissuto nella e con la musica.”

È più importante il live o essere presenti con costanza sui social?

In questa società contano entrambi. Non so quanto sia giusto, perché chi fa musica dovrebbe pensare solo a quello, ma ormai l’immagine è quasi più importante delle canzoni.

Qual è il ricordo più bello legato alla musica che conservi?

Ne ho davvero tantissimi. La musica non si può racchiudere in un solo ricordo, forse quando ho capito che la mia anima artistica apparteneva alla tradizione romana. E’ un fatto che ha cambiato completamente il mio modo di vedere e fare musica.

L’esperienza peggiore che ti sia mai capitata sul palco?

L’esperienza peggiore su un palco è forse la sensazione di vedere un pubblico non interessato alla tua musica. Ma capita a tutti, fa parte anche questo del mestiere.

Cosa ti ha spinto a fare musica?

Ho sempre vissuto nella e con la musica. Ho mio padre che ha un’emittente radiofonica e ricordo tutti i dischi che mi fece ascoltare da bambina. Ciò che mi ha spinto a FARE musica è l’impulso. Quando lo faccio mi sento semplicemente completa e in pace con me stessa.

3 brani che non possono mancare nella tua playlist?

Difficile questa domanda perchè sono solo 3 brani, ”Serenata Lacrimosa” di Mannarino , “Nannarè” di Gabriella Ferri, “Io me ‘mbriaco” di Califano.

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