I Kuadra sono una band Rock/Rap/Elettronica. Hanno alle spalle tre album e oltre duecento concerti in tutta la penisola e in Europa. I testi in Italiano parlano di vita, di morte e di miracoli. “Cosa ti è successo” è il titolo del loro nuovo disco, registrato e mixato da Giulio Ragno Favero, che ne ha curato anche la direzione artistica.

Parlateci del vostro ultimo lavoro. Cosa vi ha ispirato nella composizione?

Le persone, gli incontri e le esperienze degli ultimi due anni, questa è la nostra materia prima. Tutto può partire da una ragazza immagine conosciuta dopo un concerto, da una brutta notizia data al telefono, da una confidenza o da una band che spacca tutto e ti fa venir voglia di suonare forte. Volevamo prevalentemente raccontare storie di gente di provincia, che soffre, che sogna poco, che ha paura.

Quali sono le vostre principali influenze?

Abbiamo smesso di pensare che sia solo la musica a influenzarci. Siamo affascinati da tutte le forme d’arte. Il cinema ha una forte influenza su di noi. Però può colpirci con la stessa intensità un’opera di Lanthimos, una performance della Abramovic o un pezzo di Massimo Pericolo.

Come nascono i vostri brani?

Proprio perché in questo album l’idea era quella di creare dei ritratti, siamo partiti spesso da un testo, provando a creare la giusta atmosfera. Ma a volte poteva essere un riff a dare l’input, o un’improvvisazione in sala prove. Registravamo dei provini e quando ci convincevano li giravamo a Favero che completava il lavoro.

In un mondo sempre più incentrato sul web, cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un buon disco?

Fare un buon disco è solo il primo passo. I social sono lo strumento che ti permette di promuovere la tua musica, quindi sono importanti, però non fanno altro che mostrare chi sei e cosa fai. Se non hai niente da dire non servono a molto. Se invece la tua proposta è valida sono fondamentali.

Vi riconoscete nella definizione di artisti indie?

Sicuramente ci riconosciamo nella definizione di artisti indipendenti. Il genere indie è lontano dai nostri ascolti e dalla nostra proposta musicale.

Cosa ne pensate dell’attuale music business?

L’unico music business che conosciamo e di cui possiamo parlare con cognizione di causa è il nostro: l’autoproduzione. È tutto a carico nostro, dalla registrazione del disco fino alla promozione, la stampa di CD e magliette e la produzione dei videoclip. Organizziamo i tour per rientrare delle spese e ripartire con un nuovo lavoro.

Credete che le nuove tecnologie aiutino il rapporto tra musicisti e pubblico o che abbiano distanziato gli uni dagli altri?

Tocchi un tema a noi molto caro. Se un artista pubblica una story su IG in cui è sul divano di casa e parla coi fans, la prima impressione è che le distanze siano state annullate. Ma Gunther Anders ci insegna che è solo un’illusione. I fans chiamano l’artista per nome, sanno cosa mangia, quando va a letto, cosa gli piace, ma l’artista di loro non sa nulla. Quello che hanno cambiato è la percezione della realtà.

Qual è a vostro giudizio il confine tra indie e mainstream?

Non c’è confine nella musica. Puoi fare quello che vuoi, l’importante è che te ne assuma la responsabilità. Esiste mainstream di altissimo livello e indie pessimo. Queste definizioni hanno ormai più cose in comune che differenze.

Cosa pensate del Crowdfunding? Lo ritenete un mezzo veramente utile per i musicisti?

È un mezzo che non abbiamo mai preso in considerazione davvero. Siamo affezionati all’idea che l’investimento iniziale debba essere il nostro. Ma non giudichiamo negativamente chi lo fa.

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