Parlateci del vostro ultimo lavoro. Cosa vi ha ispirato nella composizione?

Nell’estate del 2017, dopo un anno di lavoro, entriamo in sala di registrazione per autoprodurre il nostro primo EP: Lo stato delle cose. Neorealismo di anime, in perenne ricerca, che non trovano soluzioni. Tratto dal titolo di un film di Wim Wenders “Lo Stato delle cose” vuole essere una riflessione sul destino: “tutto va scomparendo, dobbiamo affrettarci se vogliamo vedere ancora qualcosa”.

Nato come concept album, le cinque tracce hanno come filo conduttore la decadenza e la fragilità dei rapporti. Sono istantanee di uno stato di fatto, polaroid di resistenze, di malinconie, di immobilismo. Non vogliono descrivere storie, ma soffermarsi solo su alcuni fotogrammi in bianco e nero di istanti ben precisi. Il suono è diretto e semplice, le linee vocali costruite da Alessandro sono ispirate dalla vita di tutti i giorni, come se ascoltasse la colonna sonora di un film che sta realmente vivendo.

Quali sono le vostre principali influenze?

Le nostre influenze sono eterogene e senza preclusione di genere. Prima di incontrarci abbiamo avuto progetti musicali passati molto differenti. Forse anche questo ha dato forza e originalità al nostro sound. Alessandro viene influenzato dalle ultime novità in termini di pop-rock, mixate ai Suoi riferimenti storici, che sono principalmente gli Smashing Pumpkins e Il Nucleo. Valentina ha influenze che arrivando principalmente da tutta la musica anni ’90, spaziando dal rock grunge alla musica elettronica.
Davide passa dal cantautorato sperimentale italiano del primo Battiato ai gruppi indie nazionali, Afterhours, Bluvertigo, Marlene, e quelli internazionali come The Afghan Whigs, The Twilight Singers, The National. Il nostro modo di scrivere invece è molto legato al mondo cinematografico. Sembrano fotogrammi rubati dalla realtà che ci circonda

Come nascono i vostri brani?

I nostri pezzi nascono sulla base di “appunti” musicali che Davide scrive a casa, sul suo vecchio pianoforte. Ale ci mette le voci, che scrive autonomamente, poi in sala prove si aggiunge la parte ritmica e si lavora insieme dando forma al pezzo. Il testo e la chitarra elettrica sono gli ultimi elementi che completano il tutto.

In un mondo sempre più incentrato sul web, cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un buon disco?

E’ impensabile nel nostro lavoro la mancanza di qualità nell’obiettivo che si vuole raggiungere. Ogni progetto musicale ha un suo grado di qualità, alto o basso, che corrisponde ad un grado di sensibilità (alto o basso) di chi è pronto a ricevere il nostro pensiero. Questo rapporto non è biunivoco. L’alta qualità è spesso percepita da un pubblico di nicchia. Il web e i social, soprattutto per gruppi “indipendenti” come il nostro, possono essere utilizzati per comunicare al meglio il proprio lavoro ed educare la conoscenza musicale, ma il tutto non può essere ristretto ad una battaglia di follower. La cultura come la vita ha mille sfumature non può essere risolta con un mi piace o un non mi piace. Non ci vergognamo di avere pochi like, ma ci sentiremmo a disagio se avessimo prodotto una canzone che non ci piace.

Vi riconoscete nella definizione di artisti indie?

Non ci piace essere etichettati. Ma se per indie, intendiamo la libertà nel progettare la propria musica in piena autonomia non avendo paura di essere se stessi senza cadere nei clichè delle regole commerciali o radiofoniche del momento, si lo siamo

Cosa ne pensate dell’attuale music business?

Quale music business? Il business c’è solo se i soldi girano e invece quelli che girano siamo solo noi in macchina tra i vari live dei locali, studi di registrazione e sale prove!

Credete che le nuove tecnologie aiutino il rapporto tra musicisti e pubblico o che abbiano distanziato gli uni dagli altri?

Le nuove tecnologie hanno facilitato la produzione della musica e hanno aiutato molti gruppi a farsi conoscere da possibili ascoltatori. E’ certo però che, in una realtà così ampia di produzioni, il mercato, anche quello indipendente, è oramai saturo e si rischia di essere una goccia in un mare. Puoi seguire la massa e allinearti a ciò che un utente medio si aspetti di ascoltare e collezionare follower e like, oppure essere coraggioso, e lottare rimanendo te stesso. Rimangono, così, i live ancora il mezzo più diretto per raggiungere il proprio pubblico.

Qual è a vostro giudizio il confine tra indie e mainstream?

Oggi sono gli artisti iper mainstream, tipo Cesare Cremonini o Negramaro,  a produrre i dischi più interessanti, liberi e di ricerca, mentre i tormentoni radiofonici provengono da ciò che un tempo era considerato dal mondo musicale “indie”. Quella battaglia di portare alla luce qualcosa di bello che stava nell’ombra si è conclusa in una omologazione di genere. Il confine è stato superato e adesso è l’indie ad essere mainstream. In attesa del prossimo genere che diventerà il prossimo mainstream.

Cosa pensate del Crowdfunding? Lo ritenete un mezzo veramente utile per i musicisti?

Risponde Ale Mop: Ci sono vari musicisti che hanno utilizzato questa tecnica prima che avesse questo nome e diventasse “famosa”…se non mi sbaglio, mi vengono in mente i veronesi Bikini The Cat per esempio: hanno chiesto ai loro fan di “comprare” in anticipo il loro disco che doveva ancora nascere, tipo prenotandolo sulla fiducia. Non ricordo come andò a finire, sono passati 15 anni!

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