Patrizia Laquidara è una delle artiste più raffinate e dotate del panorama nazionale. Nel corso della sua carriera ha inciso 5 album, vinto innumerevoli premi e collaborato con musicisti di fama internazionale tra cui anche Ian Anderson dei Jethro Tull. Il suo brano “Noite e luar” è stato incluso nella colonna sonora del film “Manuale d’amore” di Giovanni Veronesi. Una carriera e un ritorno simili sono chiari sintomi delle doti della Laquidara che venerdì 25 Gennaio, presenterà il suo ultimo album “C’è qui qualcosa che ti riguarda” al Folk Club di Torino, con la sua band. Abbiamo fatto due chiacchiere con lei e parlato di musica e del ruolo dell’arte e degli artisti oggi.

Parlaci del tuo ultimo disco “C’è qui qualcosa per te”. Come sei arrivata a questo disco?

E’ stato un percorso naturale. Per molti anni mi sono concentrata sull’aspetto live, facendo molti concerti. Ad un certo punto mi ho avvertito forte la necessità di incidere un nuovo album con le canzoni scritte. E’ una scelta un po’ controcorrente visti i tempi che corrono. Rispetto al precedente “Il canto dell’anguana” (N.d.r. Premio Tenco come miglior album dialettale nel 2011), ho ripreso la mia strada verso una forma di espressione più diretta, utilizzando la lingua italiana.

Venerdì sera suonerai al Folk Club di Torino e nei giorni successivi terrai anche un seminario. Da dove nasce la voglia di insegnare?

Non mi vedo proprio come un’insegnate. Ad ogni modo, come ti dicevo, ho avuto modo di fare molti live nel corso della mia carriera e di accumulare molte esperienze. Diverse persone mi continuavano a dire che avrei potuto insegnare e infine mi sono decisa a dar loro ascolto. Più che a una lezione, mi piace vedere questi incontri come un momento in cui posso condividere molte cose imparate con altre persone.

Quali sono i maggiori cambiamenti che hai notato dai tuoi esordi ad oggi?

Beh intanto bisogna dire che è cambiato il mondo, quindi è cambiato tutto quello che è la musica e il modo in cui ne si fruisce. Oggi non c’è più chi è pronto a investire su di te. Da un lato è un discorso positivo perché io, ad esempio, ho avuto modo di lanciare una campagna crowdfunding per il mio disco e con quei proventi, mi sono garantita un’indipendenza artistica che magari una major non mi avrebbe concesso. Resta il fatto che però in passato, esistevano figure e forme contrattuali che permettevano una crescita, cosa che oggi non avviene più.

Come vivi il rapporto con i social?

Sono certamente un mezzo utile. Oggi un artista può praticamente farsi da ufficio stampa da solo, cosa che in passato era impensabile. Dall’altra parte io stessa mi rendo conto che è facile cadere nel vortice e questo distoglie dal compito di un artista, che è quello di cercare la bellezza e di proporla. A volte mi accorgo di dover investire un’ora del mio tempo solo per scrivere un post. A volte sarebbe bello avere più tempo per concentrarsi su quello che è il vero lavoro di un artista.

Cosa ne pensi dell’attuale scena indie? Ti riconosci nella definizione di artista indipendente?

A dirla tutta ce l’ho un po’ con questa scena indie. A volte faccio fatica a capire di cosa parli. Mi sembra che oggi “indie” abbia un significato legato a un certo modo di fare musica e di esprimere concetti. Come se si trattasse di un genere musicale. Un artista dovrebbe occuparsi di lanciare un messaggio che abbia un senso. Dovrebbe vivere secondo una coerenza artistica e cercare di esprimere e cercare la bellezza. Personalmente credo di avere fatto un percorso molto indipendente a livello artistico.

Cosa ne pensi dei talent show?

Sono certamente una vetrina. Guardandoli ho notato che spesso all’interno di questi show vi sono dei grandissimi talenti. Dipende solo dove si vuole arrivare e con quale percorso. Da un lato possono essere molto utili ad imporre un personaggio, dall’altro bisogna poi vedere chi riesce a restare in gioco una volta finita quella parentesi.

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