Riccardo Sinigallia è un artista. Il suo stile e le sue capacità di musicista, cantautore e produttore hanno dato vita ad un’infinità di collaborazioni e successi.
Elencarli tutti sarebbe difficile ma non è un caso se tra i tanti successi firmati da Sinigallia, si trovino Vento d’estate (Gazzè e Fabi), La descrizione di un attimo (Tiromancino), Quelli che benpensano (Frankie hi nrg), Cara Valentina (Gazzè), Capelli (Fabi). Tra le collaborazioni ci sarebbero da elencare anche Carboni, 24 Grana, Flaminio Maphia e altri. Tra i molti progetti però, c’è anche spazio per una carriera solista che ha dato vita a 4 dischi, l’ultimo dei quali, Ciao Cuore, pubblicato recentemente. Abbiamo incontrato Riccardo Sinigallia per una chiacchierata sulla musica, ed ecco cosa ci ha detto.
Parliamo di Ciao Cuore, cosa ti ha guidato nella composizione di questo album?
Beh direi il solito spirito-guida di ogni disco. Faticosamente comincio a incamminarmi, senza un obiettivo preciso, se non quello di riuscire a chiuderlo “per sfinimento” e riuscire a raggiungere il traguardo di metterlo vicino agli altri tre. Un traguardo per me molto difficile da raggiungere ma devo dire che ora, mi sento molto soddisfatto. Non c’è stato altro parametro o volontà, se non quella di farsi catturare dalle suggestioni letterarie e musicali, giorno per giorno.
Come ti stai preparano al tour?
Devo ancora definire l’architettura precisa del concerto ma sarà certamente più ricco di elettronica. Inoltre ci sarà anche una certa attenzione alla scenografia, pur sempre restando fedeli a un certo minimalismo che mi contraddistingue da sempre. Ovviamente faremo molti brani da Ciao Cuore, uniti ad alcuni brani che non suono da tempo e qualche brano immancabile in scaletta, come La descrizione di un attimo, magari in chiave più acustica.
Come nasce il video di Ciao Cuore, in cui troviamo Valerio Mastandrea protagonista?
La storia l’ho scritta io. Ho fatto di necessità virtù. Da qualche anno fatico a pensare di interpretare un video in prima persona. Il mio sogno era quello di vedere Valerio che facesse il playback al mio posto, quindi l’ho dipinto come una rockstar decadente, che è un po’ un parallelismo con quanto accade nella musica oggi, in cui c’è un rinnovamento di un certo tipo e alcuni vecchi pagano in una maniera a volte dolorosa, ma anche un goffa. Nel video lui incrocia vari personaggi, ognuno dei quali rappresenta un brano del disco, infatti sono anche tutti in copertina. Ho voluto presentare una sorta di sintesi dell’intero disco in questo video.
Come vivi il rapporto con la tecnologia e come ritieni abbia influenzato il settore musicale?
Direi che lo ha influenzato in modo positivo e negativo parallelamente. Ovviamente la tecnologia è un’influenza importante da sempre, in questo momento è un settore che ha un’accelerazione forse senza precedenti e questo influenza molto la creatività nel settore musicale. Da una parte, ha dato un impulso positivo, spezzando i modi di comporre tradizionali, dall’altra c’è il rischio di una regressione artistica. Non dobbiamo scordare che si tratta di uno strumento.
Come scegli gli artisti con cui collaborare?
E’ una cosa che accade, semplicemente. Non ho mai affrontato una produzione, pensando di aver scoperto un talento. Incontri le persone, nasce un’amicizia, poi magari si presenta un’occasione per collaborare. E’ un processo lento ma solitamente non vado a caccia di talenti.
Ti riconosci nella definizione di artista indie?
Non nella definizione moderna. Se intendiamo indie un artista indipendente dal punto di vista artistico e musicale, assolutamente sì, mi ci riconosco. Se invece intendiamo un genere, che è quello trasmesso da tutte le radio, invece no. Considera che sono legato a un modo di cantare, scrivere e proporre le mie canzoni a cui sono rimasto sempre fedele, quindi no, nell’indie di oggi, non ci sto dentro.
A proposito di questa coerenza artistica, credi sia una condizione che in qualche modo penalizzi un artista?
Io in questo momento vivo un periodo di grande soddisfazione. Dopo tanti anni ho finalmente dei riscontri, mentre in passato ho fatto concerti davanti a 15 persone, era molto difficile fare i miei dischi e dovevo fare produzioni per permettermi di fare album in maniera libera e indipendente. E’ una cosa successa in passato anche coi Tiromancino. Quando uscì “La descrizione di un attimo”, suonavamo davanti a 20 persone. A un anno dall’uscita, quando la casa discografica spingeva ormai poco, Ferzan (Ozpetek) si innamoroò di questa canzone e la inserì nei titoli di coda de Le fate ignoranti, nel cui video c’era Valerio (Mastandrea) che faceva Tarzan e questo fece fare il salto al gruppo, che divenne poi un gruppo pop che altrimenti sarebbe scaduto nell’anonimato come tanti altri. Oggi riesco ad avere una piccola audience quindi direi che la coerenza in realtà paga sicuramente. Certo è una strada più lunga e faticosa ma per quanto mi riguarda, io ho scelto quella strada e ne sono felice.
Cosa è cambiato rispetto al passato nella musica?
Ci sono stati moltissimi cambiamenti. Se parliamo dell’essere un musicista inteso come strumentista, lo studio e la passione. Se invece pensiamo a portare avanti un progetto o una band, è molto diverso ma è un momento positivo. Oggi puoi fare un disco, un video e una cartella stampa in autonomia e avere una tua visibilità, magari maggiore a quella che può fornire una major. Il rischio è quello di una certa standardizzazione dei contenuti, dato che i messaggi che bucano la rete sono quasi sempre quelli più aggressivi o comunque standard, che seguono un trend. Questo è l’aspetto negativo che non c’era negli anni ’70 o ’80. All’epoca c’era sempre un direttore artistico alle spalle di un progetto e quindi se eri un artista bravo, avevi la possibilità di essere pubblicato.
Quindi trovi ci sia una mancanza di contenuti nella musica moderna?
Credo che il trend detti legge quindi se va la trap, tutto ciò che è trap ha numeri alti e ciò che non lo è, ha numeri bassi. Quando poi cambia a tendenza e ne arriva un’altra, lo schema si ripete. In tutto questo marasma e alternanza di tendenze, si perdono un sacco di talenti, che rischiano di essere lasciati da parte.
Qual’è il ruolo del pubblico in questo schema? E’ anch’esso responsabile della perdita di questi talenti?
Una responsabilità c’è sicuramente perché oggi abbiamo la possibilità e gli strumenti per cercare e trovare musiche più interessanti e più belle. Il pubblico quindi è corresponsabile ma è anche la prima vittima di trent’anni di equivoci, di cose poco significative che hanno fatto la storia della musica italiana quindi se la reazione è questa, è anche comprensibile.
Cosa consigli a chi vuole vivere di musica?
Tenere conto di tutto ciò che accade intorno ma anche di proseguire seguendo il proprio istinto, senza tradire le proprie convinzioni, perché alla fine ci si pente sempre. Anche a scapito dei like e dei followers. E’ importante andare avanti per la propria strada perché ognuno ha i propri talenti, bisogna solo scoprirli e svilupparli.