I Gogol Bordello sono una band che è passata indenne attraverso una carriera di 17 anni, continuando a disseminare successi e impegno sociale attraverso uno stile unico. Con il loro frontman abbiamo parlato di musica, social e immigrazione.

1) “Seekers and Finders” è il vostro ultimo album, da dove avete tratto l’ispirazione per questo disco?

L’idea che ci ha ispirati è stata quella di fare il miglior disco possibile. Gli album, nel senso di forma d’arte, stanno svanendo. Se ne fanno ancora ma sono una forma d’arte che tende a diminuire. Noi abbiamo cercato di raggiungere il risultato di un disco in senso classico.


2) Quanto tempo avete impiegato tra scrittura e registrazioni?

Abbiamo preparato tutto in circa 2 anni o poco più. Non abbiamo lavorato in modo lineare. Dopo aver completato età disco, abbiamo fatto una pausa per qualche mese, mentre eravamo in tour. Abbiamo ripreso il lavoro lo scorso anno e lo abbiamo completato piuttosto rapidamente.

3) Siete molto conosciuti per mescolare molti stili e generi musicali diversi. Come affrontate il processo di scrittura dei brani?

Scrivo da solo tutti i brani. Lo faccio da quando ho iniziato e ho sempre scritto brani in tutti i gruppi in cui ho suonato e lo faccio anche per i Gogol Bordello. Le cose più interessanti avvengono dopo che ho scritto un pezzo, quando scopro in cosa si trasforma una canzone, una volta che è nelle mani della band. E’ molto eccitante per me, è sempre un’avventura. A volte scrivo una canzone che è pensata come un pezzo veloce e quando la band ci lavora, diventa una ballata acustica magari.

4) Da dove nasce l’idea di coinvolgere Regina Spektor?

E’ stata un’idea piuttosto naturale perché siamo amici da anni, ci siamo conosciuti sulla scena di New York. La canzone in cui compare lei “Seekers and Finders”, l’avevo scritta per il mio disco solista, che era un disco di duetti. Per questo brano avevo bisogno di qualcuno che avesse una conoscenza profonda e una profonda comprensione del trauma dell’immigrazione, della difficoltà di crearsi una casa in un posto nuovo. Avevo bisogno di qualcuno che capisse i sentimenti che gli europei dell’Est provano a tal proposito. Per questo ho pensato a Regina. A lei è piaciuta e credo che lei l’abbia elevata ad un livello superiore.

5) A proposito dell’immigrazione, credi che qualcosa possa cambiare con il nuovo governo Trump?

Beh New York è il posto migliore del mondo perché è piena di persone che arrivano da tutto il mondo. Non si può mettere tutto sotto lo slogan “immigrazione”. Le persone si spostano per tantissimi motivi. Alcuni di loro sono rifugiati, altri sono rifugiati politici, altri a causa di disastri naturali. La cosa importante è che New York ha una grande storia di immigrazione e di accettazione. Credi davvero che possa essere cancellato da un anno di qualcosa diverso? Naturalmente no.

6) Hai iniziato nel 1999, quali sono i maggiori cambiamenti che hai notato nell’industria musicale?

Ci sono stati molti cambiamenti. Il più grande è che il rock and roll e altre forme di musica, come l’hip-hop o il reggae erano guidate da band con grandi frontman come Jim Morrison o Robert Plant. Adesso le band sembrano un gruppo di fottuti ragazzini, tutti a fare le stesse cazzo di cose, stessi gesti. A parte pochi come Iggy Pop o Nick Cave. Sono rimasti pochi e spero che continuino a influenzare le future generazioni a mostrare carattere. Adesso sono tutti in giro a comportarsi come se tutto fosse grandioso.

7) Come vivi il rapporto con i social? Credi siano utili alla musica?

Per certi versi sono stati molto utili, per altri hanno aiutato a distruggere la musica. Nulla è bianco o nero. Da una parte permette agli artisti di mostrarsi anche da casa loro ma questo ti regala davvero l’esperienza che quell’artista può offrirti? La risposta è no. Quindi devi creare la tua strada in questa giungla digitale e tenere per te le cose migliori e buttare nel cesso tutto il resto.

8) Cosa ti senti di consigliare a chi vuole vivere di musica?

A dire il vero non sono molto bravo con i consigli. Non ne ho mai accettati quindi non ho molto da consigliare a parte cercare di scoprire chi sei veramente. Questo implica di vivere la tua vita e fare esperienze vere. Non attraverso lo schermo del tuo cellulare. Impara a scalare un albero da solo, è il minimo che puoi fare.

9) C’è qualcosa che non ti piace dell’essere un musicista?

Beh a volte può essere stremante ma preferisco sentirmi stremato per questo che non dal vivere nello stesso quartiere e fare le stesse cazzo di cose ogni giorno.

10) Il pubblico reagisce in modo diverso nei vari paesi in cui suonate?

Certo. Ci sono grandi differenze tra Scandinavia e Inghilterra o tra i vari paesi. Noi portiamo il fuoco con la nostra musica. dipende da come il pubblico reagisce al fuoco. Qualcuno si mette a ballare attorno al fuoco, altri preferiscono sedersi e stare lì vicino. Anche se non ho mai visto molta gente tranquilla ai nostri concerti.